Rubrica: Attualità di CLAUDIA RINALDI.

Può sembrare un’affermazione esagerata e invece è proprio così. Fino al 35 per cento della produzione di cibo a livello globale dipende dal ruolo svolto dalle api. Delle 124 colture da cui dipende il 90 per cento della produzione mondiale di cibo, 71 sono legate al lavoro di impollinazione delle api. Questo significa che, se questi preziosi insetti sparissero, le conseguenze sulla produzione alimentare sarebbero devastanti. Chi impollinerebbe le coltivazioni? L’impollinazione artificiale è una pratica lenta e costosa mentre il valore di questo servizio, offerto gratis dalle api di tutto il mondo, è stato stimato in circa 265 miliardi di euro all’anno. Naturalmente l’impollinazione non è fatta solo da api. Efficaci impollinatori sono i ditteri (mosche) e in seconda battuta i lepidotteri (farfalle e falene), seguiti da qualche famiglia di coleotteri. L’impollinazione dovuta a uccelli, rettili e pipistrelli è considerata del tutto minoritaria. Purtroppo le api stanno sparendo e il dibattito sulla loro scomparsa è partito nel 2002. I fattori vanno dall’inquinamento, ai cambiamenti climatici, ma fondamentale è l’uso dei pesticidi, utilizzati per uccidere insetti dannosi per l’agricoltura ma che agiscono ugualmente su quelli utili. La cronaca e le associazioni di apicoltori hanno messo spesso sul banco degli imputati i pesticidi neonicotinoidi, che possono produrre effetti sulle capacità cognitive delle api anche a dosi sub-letali, inferiori cioè alle concentrazioni che uccidono gli insetti. Una originale campagna portata avanti dalla Whole Foods, una catena americana di supermercati bio, dal titolo “Give bees a Chance-Share the buzz”, ha cercato di spiegare quanto sia grave il problema rimuovendo dagli scaffali di un punto vendita del Massachusetts tutti quei prodotti che nessuno di noi potrebbe più comprare se sparissero le api e gli altri insetti impollinatori. Scaffali quasi vuoti!

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