Fēr fiàsch, significa non riuscire in qualcosa, mancare un obiettivo, fallire. Secondo alcuni studiosi di etimologia, il modo di dire deriva probabilmente dal gergo dei soffiatori di vetro, che se sbagliano l’operazione, si trovano alla fine della canna in cui soffiano, una bolla informe simile a un fiasco, invece della sagoma voluta. Altri, invece, lo fanno risalire a un episodio della carriera di Domenico Biancolelli, un attore comico bolognese del Seicento, famoso interprete di Arlecchino, che si esibiva improvvisando, prendendo spunto da un oggetto qualsiasi. Si dice che, una volta, avendo scelto come argomento un fiasco, che portò con sé sul palcoscenico, gli mancasse il successo; allora l’artista seccato, ma con grande spirito, lo gettò via gridando: “È colpa tua se non ridono!”. Da allora “è un fiasco di Arlecchino” divenne una frase del gergo teatrale per poi abbreviarsi e generalizzarsi in italiano e in dialetto nella forma fare fiasco e fēr fiàsch.

Par fēres curàg al s-è mēż imbariaghē e pò l-ê andē a dēr l-eṡàm ed guida e i l-han bucê: acsè l-ê pasē da fiàsch a fiàsch!, per farsi coraggio si è  mezzo ubriacato e poi è andato a dare l’esame di guida e l’hanno bocciato: così è passato da fiasco a fiasco!

(Da S. Prati – G. Rinaldi, 101 Modi di dire in Emilia-Romagna. Ed. Pendragon, BO, 2019)

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