Rubrica: Attualità di CLAUDIA RINALDI.

E’ arrivato in Italia a fine Giugno 2019 e precisamente in due regioni, Emilia Romagna e Liguria, negli scaffali della GDO, il filetto vegano che sanguina. Eppure, è totalmente vegetale: gusto e consistenza sono ottenuti grazie a un mix di soia e di proteine del frumento, arricchito con ferro e vitamina B12.

Il “sangue” altro non è che succo di barbabietola. Il sapore, simile alla carne, è dato da un mix di spezie e carcamo e, grazie a un succo interno, quando sarà sulla griglia, avrà la crosticina sbruciacchiata e nell’aria si espanderà l’aroma di barbeque.

Siamo d’accordo in molti che occorre limitare il consumo di carne per motivi etici e salutistici e potenziare una dieta a base vegetale, ma se guardiamo alla nostra tradizione gastronomica ovunque ci sono piatti e antiche ricette che valorizzano cereali, verdure e legumi, senza ricorrere ad alimenti artificiali. Alimenti iper tecnologici come il finto pollo, il finto fish burger, il salame vegano sovvertono il sistema allevamento-agricoltura e i valori di biodiversità e cultura gastronomica. Se rabbrividiamo con il formaggio Parmesao prodotto in Brasile o il Regianito che arriva dall’Argentina, considerandoli prodotti che uccidono il Made in Italy e le nostre tradizioni, allo stesso modo una bistecca fiorentina vegana è una mistificazione della realtà. Promuovere i consumi vegetali in questo modo è dannoso per gli allevatori che con il loro lavoro si impegnano per promuovere un prodotto di qualità ed è ingannevole per i consumatori inglobati nell’onda della moda veg.

Potremmo diminuire i consumi di carne con altri sistemi: privilegiare solo la carne di qualità proveniente da allevamenti sostenibili e non intensivi e ricorrere ad alternative vegetali aprendo un ricettario della nostra tradizione.

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