La gran calura di agosto coincideva con giornate faticose e lunghissime (da bur a bur, da buio a buio, cioè dal buio prima dell’alba al buio dopo il tramonto), tutte trascorse sui campi.
Tanti prodotti in quel mese richiedevano cure e lavorazioni, come la raccolta della frutta, quella del granturco e soprattutto le numerose operazioni relative alla produzione della canapa. In agosto il momento più difficile era quello della macerazione dei fasci di canapa nell’acqua dei maceri, per sciogliere gli steli contenenti la fibra tessile (la tía, il tiglio). Un odore pestilenziale ammorbava ogni cosa e l’aria risultava irrespirabile. Però i contadini sopportavano perché per loro la canapa era uno dei prodotti più redditizi. Concluse tutte le operazioni, il macero veniva vuotato e ripulito con cura e in molti poderi si faceva un ballo sulle pietre che ne lastricavano il fondo, per festeggiare la fine dei lavori. Nel macero poi veniva immessa nuova acqua pulita e, a volte, anche avannotti (smintlèini), per poter avere a disposizione pesce a basso costo da portare in tavola nei giorni di viglia e durante le festività di fine anno.