Giugno, con le sue giornate lunghe e assolate, rappresentava in campagna uno dei mesi più impegnativi per i lavori agricoli. In questo mese si svolgeva la mietitura del grano: uomini e donne, in gruppo con in testa cappelli di paglia e fazzolettoni, armati di falci messorie (msôri o sághel) andavano nei campi per iniziare il lavoro pesante, ma anche pieno di soddisfazioni.

Allora si diceva: “In żógn as mêd a pîn pógn” (a giugno si miete a piene mani). I contadini più giovani, abili e robusti, trascinavano tutti gli altri, mentre gli anziani e i ragazzi aiutavano i mietitori, posando in terra i legacci (i ligátt), con cui venivano abilmente legate le spighe in manipoli (al manēli) o portando da mangiare e, soprattutto, da bere. Spesso, se non bastavano i componenti della famiglia contadina per svolgere la mietitura, si assumevano aiutanti, come braccianti e cameranti, che così potevano guadagnare qualcosa in questo periodo dell’anno. A sera, i più giovani, sebbene stanchi per il lavoro, si recavano alle sagre che non mancavano nel mese di giugno e si divertivano soprattutto con i balli.

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