Durante il carnevale, al Giovedì Grasso, i bambini delle famiglie più povere, in gruppo, si recavano presso le case contadine chiedendo offerte di lardo o salsiccia di maiale recitando filastrocche. Ogni ragazzino aveva uno stecco, sprōch, in cui infilare le offerte, che in genere non mancavano, perché da poco si era ucciso il maiale e c’era più cibo del solito. Questa usanza era chiamata ónżer al sprōch, ungere lo stecco. I ragazzi chiedevano davanti alla porta Rezdôra m-ónzla al sprōch?  La rezdora infilava nello stecco un pezzetto di lardo e rispondeva Tó mò e fà a môd, prendi e fai a modo. A Finale nel modenese, questa usanza era chiamata la sprucarôla.

Una filastrocca per la questua di carnevale, proveniente dalla Val Baganza nel parmigiano, diceva così:

O rezdora dal capéll/ degh adrè  a frizzr i tordé, / e fenn mò ‘na gran padläda / ch’a gh-è chí la mascaräda, oh rezdora dal cappello, sbrigati a friggere i tortelli, fanne una gran padellata, che c’è qui la mascherata.

(Riduz. da Sara Prati – Giorgio Rinaldi, Il ciclo dei mesi nella civiltà contadina, Ed. Pendragon, Bologna 2016)

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