Rubrica: Attualità di Claudia Rinaldi. Questa volta saltano i tappi non per i brindisi ma per i costi elevatissimi per produrli. Il vino italiano si conferma elemento trainante del sistema agroalimentare non solo all’estero ma anche sul mercato interno, a partire dal settore turistico. Grandi consumatori sono gli Stati Uniti, fuori dalla UE, e la Germania e l’Inghilterra, nonostante la Brexit, con un aumento del vino Made in Italy all’estero del 12%. Tuttavia, pesa il balzo dei costi, dalle bottiglie ai tappi, dalle etichette agli imballaggi. Una bottiglia di vetro costa oltre del 30% in più rispetto allo scorso anno, mentre il prezzo dei tappi ha superato il 20% per quelli di sughero e addirittura il 40% per quelli di altri materiali. Per le gabbiette per i tappi degli spumanti gli aumenti sono nell’ordine del 20% ma per le etichette e per i cartoni di imballaggio si registrano rispettivamente rincari del 35% e del 45%, secondo l’analisi Coldiretti. Problemi anche per l’acquisto di macchinari, soprattutto quelli in acciaio, prevalenti nelle cantine, per i quali è diventato impossibile persino avere dei preventivi. Rincarato anche il trasporto su gomma del 25% al quale si aggiunge la preoccupante situazione dei costi di container e noli marittimi, con aumenti che vanno dal 400% al 1000%. Se prima i nostri vini (come anche i formaggi) dovevano lottare con prodotti concorrenziali che sfruttavano l’italian sounding, vedi l’esempio del Prosek croato, con la registrazione di marchi di tutela Made in Italy e con i sempre più tragici cambiamenti climatici, ora il settore vitivinicolo italiano chiede a gran voce interventi immediati e strutturali per programmare il futuro dei vini italiani, sempre più apprezzati addirittura dai nostri concorrenti francesi (+37% di acquisti di bottiglie italiane).